La sfida di educare

Ippolito Maiolo
"Si impara da piccoli a diventare grandi"
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La sfida di educare

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Pubblicato da Hathi in Educatori · Martedì 31 Dic 2024 ·  2:30
Tags: HathiIppolitoMaioloGioiaTauroScout
Challenge… questa parola inglese che significa “sfida” è spesso utilizzata nelle nostre attività per stimolare i ragazzi a migliorare le loro abilità. Ma quali sono le sfide che deve affrontare un educatore oggi?
 
Non sono poche e non basterebbe un libro per approfondire tutto. Proverò a lanciare qualche input nella speranza di poter in seguito approfondire gli argomenti.
 
Essere educatore in un contesto di volontariato è frutto di una scelta. Una scelta che, per noi cattolici, deve essere motivata da una visione cristiana della vita, dalla capacità di mettersi in gioco senza timori, dalla competenza e da una costante formazione (formazione sia al ruolo che nel ruolo). La buona volontà è fondamentale ma non sufficiente in assenza di tutto questo.
 
Come si giustifica, quindi, la presenza di un adulto in una comunità di ragazzi?
 
Rispetto all'adolescente l’adulto forse ha finito di crescere, ma non ha finito di imparare ed è nella interrelazione adulto/ragazzo che si innesca il processo educativo. L’educatore sa che imporre dei modelli e dettare regole a cui bisogna obbedire tout-court, difficilmente produce risultati. Quante volte, anche all'interno delle nostre realtà, abbiamo sentito l’espressione “bisogna inculcare ai ragazzi…ecc.”? Il verbo inculcare che è l’esatto contrario di educare non può esistere nel vocabolario dell’educatore, trovo anzi estremamente significativa l’affermazione di San Giovanni Bosco:
 
 
"che i giovani non siano solo amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati".
 
Il vero protagonista della crescita del ragazzo è il ragazzo stesso, compito dell’educatore è di sostenerlo offendo occasioni di riflessione attraverso esperienze concrete, utilizzando gli strumenti che il metodo mette a disposizione, instaurando un rapporto di fiducia e divenendo così punto di riferimento in maniera naturale, senza forzature ed imposizioni. Il rischio maggiore consiste che, nel tentativo di entrare in sintonia con i ragazzi, si rinuncia alla propria identità di adulto trasformandosi così in una sorta di ‘compagnone’ con risultati catastrofici sul piano educativo.
 
La figura retorica e forse un po’ datata del ‘fratello maggiore’ rende ancora l’idea di quello che può essere la dimensione del rapporto tra educatore e ragazzo.
 
Vorrei concludere questo primo input sulla figura dell’educatore citando uno scritto di Michel Menu, un educatore scout francese molto apprezzato scomparso da tempo:
 
«Se tu un giorno vuoi essere capo,
Pensa a chi ti è stato affidato,
Se tu rallenti, loro si fermeranno.
Se tu sei debole, loro cederanno.
Se tu ti siedi, loro si sdraieranno.
Se tu critichi, loro demoliranno.
Ma...
Se tu cammini avanti, loro ti supereranno.
Se tu dai la mano, loro daranno la loro pelle.
E se tu preghi, allora, loro saranno dei santi.»
                                                                        Hathi


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